
Intervista a Tommy Blanco, autore del romanzo “La memoria del corpo”.
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22/05/2025 | Bookpress
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Tommy Blanco, autore che scrive sotto pseudonimo, racconta la storia di un uomo diviso tra una vita che gli sfugge dalle mani e che lo ha condotto verso un percorso criminale, e la ricerca di una verità sepolta da un passato traumatico. Abuso e istinto di sopravvivenza, compromessi e determinazione, violenza e sentimenti, si mescolano a una visione ironica e disincantata sullo sfondo di narcotraffico e prepotenza, fino a generare l'occasione per il riscatto di una vita intera.
«Ci presenti il tuo romanzo d'esordio “La memoria del corpo”?»
Il romanzo è un viaggio introspettivo dentro una vicenda umana. Una storia di dolore e sofferenza, ma anche di riscatto e rinascita. Un uomo che fatica a comprendersi e si fa trascinare alla deriva dalla vita, subendo gli eventi senza avere la forza di governarli.
Finisce così per perdersi in un mondo che non gli appartiene, ma che sembra l'unico in grado di ospitarlo. Prende decisioni istintive che odia, con una lucidità che lo spaventa. Compie azioni estranee alla propria empatia, fino a ritrovarsi intrappolato in una ragnatela tessuta da altri. Un lungo cammino sull'orlo dell'abisso, fino a che l'indomabile istinto di sopravvivenza che possiede, lo spinge ad affrontare il passato per prendere possesso del proprio destino. Inoltre, ci sono due temi nel romanzo sui quali volevo attirare l'attenzione dei lettori. Gli abusi in ambito familiare, in particolare quelli sessuali, sono forse l'ultima aberrazione sociale con la quale fatichiamo ancora a confrontarci. Sappiamo che accadono, ma pensiamo siano sempre lontani da noi e li confiniamo ai margini del nostro immaginario perché non riusciamo a sostenerne lo sguardo.
Inoltre, quando osserviamo persone compiere scelte scellerate, insensate, autodistruttive, siamo spesso portati, come società nel complesso, a esprimere giudizi sommari senza domandarci se, dietro a tali azioni, non si nasconda un disagio profondo. Tentare di comprendere è un gesto sociale spesso molto più sano del giudicare ed emarginare.
«Il titolo dell'opera è estremamente significativo: vuoi raccontarci a cosa si riferisce?»
Il protagonista affronta un percorso di analisi psicologica molto profondo, che lo porta a scoprire un terribile segreto che ha nascosto a se stesso per decenni. Un trauma del passato, che affonda le radici nella sua infanzia, così devastante da risultare insostenibile.
La mente, in questi casi, può crollare e generare conseguenze psicologicamente distruttive, oppure per sopravvivere, per salvaguardare la propria sanità, può esercitare meccanismi di rimozione così potenti da cancellare ogni ricordo, ogni traccia superficiale.
Il trauma resta, confinato in scomparti isolati dell'inconscio, e continua a generare danni.
Ma, come ci insegna anche lo studio del linguaggio non verbale, il corpo parla.
La sola strada che il protagonista può percorrere per recuperare quanto sepolto, è ricorrere all'unica memoria accessibile, quella che il corpo conserva sempre. Quella che però, spesso, risulta più difficile da ascoltare e da interpretare senza un aiuto professionale.
Il processo è sorprendente, rivoluzionario nel suo svolgersi e molto complesso da descrivere con le parole.
«Il protagonista del tuo romanzo non ha un nome proprio ma solo un alias con cui viene conosciuto nel mondo del narcotraffico - il Mulo - e molti dei personaggi che gli gravitano intorno subiscono la stessa sorte. Una scelta su cui vorrei riflettere con te: è legata forse alla tua decisione di scrivere sotto pseudonimo? Una ricerca di anonimato che, in qualche modo, nasconde delle connessioni di matrice autobiografica?»
In realtà i motivi sono molteplici. In effetti, mentre la parte del romanzo relativa al narcotraffico e alla dipendenza è, in larga parte, frutto di fantasia, la parte introspettiva e il trauma sono autobiografici. Ma non è questa l'unica ragione per cui quasi tutti i personaggi non hanno un vero nome. Mi interessava rendere l'effetto di privazione di una personalità propria che le violenze fisiche e psicologiche subite dal protagonista gli provocavano. Il costante annullamento dell'identità, per essere ridotto a un oggetto, mero giocattolo sessuale. Una condizione con la quale ho combattuto e combatto ancora.
Inoltre, il mondo del narcotraffico è un contesto di maschere indossate, di ruoli recitati. Nessuno si mostra per quello che è realmente, ma recita una parte funzionale ai propri scopi. E' esibizione di forza, manifestazione di potere senza alcuna sincerità. Quindi assenza di identità reale, di nomi propri.
«Dalla tua opera: “Lascia andare. Il suono si propaga per gli angusti vicoli sinaptici del mio cervello ingolfato. Dapprima senza senso alcuno. Poi l'onda sonora si ripercuote, amplificandosi a ogni passaggio, liberando canali che nemmeno sapevo di possedere. Ed esattamente come aveva predetto il Dottore, il corpo risponde. Comincia a ricordare [...> Il mio corpo mi sta parlando e ora io sono in grado di comprenderne il linguaggio. Mi sta raccontando una storia di abusi, violenza e sopraffazione, scolpita su di me come un tatuaggio su tutta la pelle. Ma, fino a oggi, vivevo in una casa senza specchi. Specchi infranti per istinto di sopravvivenza, per autoconservazione. Perché tutto era davvero insopportabile”. Il tuo protagonista, un cocainomane e narcotrafficante, decide di affidarsi a uno psicoterapeuta per scoprire la verità che si cela dietro alle sue scelte discutibili e autolesionistiche. Ciò che scoprirà spezzerebbe chiunque ma lui, in qualche modo, cerca di sopravvivere; come hai gestito la complessa caratterizzazione di questo tragico e intenso personaggio?»
Innanzitutto, invertirei il rapporto causa effetto. Il protagonista è un uomo devastato da una storia personale terrificante che lo porta verso un percorso malato e distruttivo. La droga diventa un mezzo per fuggire, per anestetizzare il dolore e la dipendenza da questa “medicina” tossica lo spinge verso il percorso criminale. Questo non giustifica le sue azioni, che restano per molto tempo deprecabili, ma è importante comprendere il motore della storia. Credo che il perché, sia sempre l'aspetto più importante da approfondire.
Per il resto, direi che non ho fatto altro che trasferire me stesso in queste pagine. Un processo che è stato naturale, terapeutico, quasi privo di sforzo, almeno per la prima stesura.
«“La memoria del corpo” è contraddistinto da una scrittura avvincente e da un'inclinazione all'introspezione, e in cui si ha un approccio drammatico ma allo stesso tempo ironico e dissacrante. Quali sono le opere e gli autori che hanno influenzato il tuo stile narrativo?»
A livello stilistico, direi James Ellroy in primo luogo. In particolare quello di “American Tabloid” e “Sei Pezzi da Mille”, che sono scritti con periodi brevi, secchi, molto ficcanti. Il modo di rivolgersi al lettore in maniera diretta, quasi a volerlo coinvolgere in una conversazione, lo ritrovo in alcuni libri di Nick Hornby, così come l'aspetto dissacrante.
L'ironia è stato un mezzo per spezzare il ritmo cupo di alcune parti del romanzo e penso che sia anche una caratteristica che mi appartiene. Anche un bellissimo romanzo di fantascienza di Richard Morgan, “Bay City”, mescola molto abilmente vicende drammatiche e sarcasmo. Infine citerei Niccolò Ammaniti, che trovo un autore eccezionale, in grado di alternare atmosfere cupe, scenari grotteschi e momenti esilaranti.
«Restando sulle tue fonti di ispirazione, riporto un'altra citazione dal tuo romanzo: “I hurt myself today. To see if I still feel. I focus on the pain. The only thing that's real. The needle tears a hole. The old familiar sting. Try to kill it all away. But I remember everything. Nessuno può descrivere il mio tormento meglio di Johnny Cash”. Nell'opera viene riservato alla musica un ruolo determinante: nel corso della storia incontriamo diverse menzioni ai testi di canzoni che riescono ad amplificare lo stato d'animo del protagonista, o a raccontare le sue angosce e le sue paure meglio di come possa fare lui. Cosa significano per te la scrittura e la musica?»
Credo che ogni forma d'arte sia un atto di libertà. Ognuno sceglie quelle che più gli appartengono. La musica e la letteratura hanno fatto parte della mia vita fin dall'infanzia, nonostante tutto. Credo che per certi aspetti siano strettamente interconnesse, poiché le parole ne rappresentano l'essenza in un caso e una parte importante nell'altro. In fondo, musicisti come Johnny Cash, possono essere definiti poeti moderni.
Purtroppo, non ho mai imparato a suonare uno strumento, ma ho sempre provato a scrivere fin dall'adolescenza. Pensieri, racconti brevi, poi più articolati. Un modo per liberare un'esigenza espressiva. Quando scrivo, ho sempre della musica che mi accompagna e le due cose spesso si fondono. La musica è per me fonte di grande ispirazione e qualcosa di irrinunciabile.
«Dopo il tuo promettente esordio letterario, cosa ci riserverà in futuro la tua vena creativa? Sei già a lavoro su un nuovo romanzo?»
In effetti, ho due progetti in mente. Uno appena abbozzato, anche se definito a livello generale, che si allontana parecchio dal primo romanzo. Credo però che mi dedicherò a sviluppare il secondo progetto, più vicino allo stile di “La Memoria del Corpo”, del quale ho scritto già qualche capitolo e che mi sta attirando sempre di più all'interno delle pagine.
Perché in alcuni momenti, è l'opera che guida l'autore e, quando questo accade, chi scrive non può opporre resistenza.
Contatti
https://www.instagram.com/tommyblanco2670/
Link di vendita online
https://www.amazon.it/Memoria-Del-Corpo-Tommy-Blanco/dp/B0F1V9TTGV/
«Ci presenti il tuo romanzo d'esordio “La memoria del corpo”?»
Il romanzo è un viaggio introspettivo dentro una vicenda umana. Una storia di dolore e sofferenza, ma anche di riscatto e rinascita. Un uomo che fatica a comprendersi e si fa trascinare alla deriva dalla vita, subendo gli eventi senza avere la forza di governarli.
Finisce così per perdersi in un mondo che non gli appartiene, ma che sembra l'unico in grado di ospitarlo. Prende decisioni istintive che odia, con una lucidità che lo spaventa. Compie azioni estranee alla propria empatia, fino a ritrovarsi intrappolato in una ragnatela tessuta da altri. Un lungo cammino sull'orlo dell'abisso, fino a che l'indomabile istinto di sopravvivenza che possiede, lo spinge ad affrontare il passato per prendere possesso del proprio destino. Inoltre, ci sono due temi nel romanzo sui quali volevo attirare l'attenzione dei lettori. Gli abusi in ambito familiare, in particolare quelli sessuali, sono forse l'ultima aberrazione sociale con la quale fatichiamo ancora a confrontarci. Sappiamo che accadono, ma pensiamo siano sempre lontani da noi e li confiniamo ai margini del nostro immaginario perché non riusciamo a sostenerne lo sguardo.
Inoltre, quando osserviamo persone compiere scelte scellerate, insensate, autodistruttive, siamo spesso portati, come società nel complesso, a esprimere giudizi sommari senza domandarci se, dietro a tali azioni, non si nasconda un disagio profondo. Tentare di comprendere è un gesto sociale spesso molto più sano del giudicare ed emarginare.
«Il titolo dell'opera è estremamente significativo: vuoi raccontarci a cosa si riferisce?»
Il protagonista affronta un percorso di analisi psicologica molto profondo, che lo porta a scoprire un terribile segreto che ha nascosto a se stesso per decenni. Un trauma del passato, che affonda le radici nella sua infanzia, così devastante da risultare insostenibile.
La mente, in questi casi, può crollare e generare conseguenze psicologicamente distruttive, oppure per sopravvivere, per salvaguardare la propria sanità, può esercitare meccanismi di rimozione così potenti da cancellare ogni ricordo, ogni traccia superficiale.
Il trauma resta, confinato in scomparti isolati dell'inconscio, e continua a generare danni.
Ma, come ci insegna anche lo studio del linguaggio non verbale, il corpo parla.
La sola strada che il protagonista può percorrere per recuperare quanto sepolto, è ricorrere all'unica memoria accessibile, quella che il corpo conserva sempre. Quella che però, spesso, risulta più difficile da ascoltare e da interpretare senza un aiuto professionale.
Il processo è sorprendente, rivoluzionario nel suo svolgersi e molto complesso da descrivere con le parole.
«Il protagonista del tuo romanzo non ha un nome proprio ma solo un alias con cui viene conosciuto nel mondo del narcotraffico - il Mulo - e molti dei personaggi che gli gravitano intorno subiscono la stessa sorte. Una scelta su cui vorrei riflettere con te: è legata forse alla tua decisione di scrivere sotto pseudonimo? Una ricerca di anonimato che, in qualche modo, nasconde delle connessioni di matrice autobiografica?»
In realtà i motivi sono molteplici. In effetti, mentre la parte del romanzo relativa al narcotraffico e alla dipendenza è, in larga parte, frutto di fantasia, la parte introspettiva e il trauma sono autobiografici. Ma non è questa l'unica ragione per cui quasi tutti i personaggi non hanno un vero nome. Mi interessava rendere l'effetto di privazione di una personalità propria che le violenze fisiche e psicologiche subite dal protagonista gli provocavano. Il costante annullamento dell'identità, per essere ridotto a un oggetto, mero giocattolo sessuale. Una condizione con la quale ho combattuto e combatto ancora.
Inoltre, il mondo del narcotraffico è un contesto di maschere indossate, di ruoli recitati. Nessuno si mostra per quello che è realmente, ma recita una parte funzionale ai propri scopi. E' esibizione di forza, manifestazione di potere senza alcuna sincerità. Quindi assenza di identità reale, di nomi propri.
«Dalla tua opera: “Lascia andare. Il suono si propaga per gli angusti vicoli sinaptici del mio cervello ingolfato. Dapprima senza senso alcuno. Poi l'onda sonora si ripercuote, amplificandosi a ogni passaggio, liberando canali che nemmeno sapevo di possedere. Ed esattamente come aveva predetto il Dottore, il corpo risponde. Comincia a ricordare [...> Il mio corpo mi sta parlando e ora io sono in grado di comprenderne il linguaggio. Mi sta raccontando una storia di abusi, violenza e sopraffazione, scolpita su di me come un tatuaggio su tutta la pelle. Ma, fino a oggi, vivevo in una casa senza specchi. Specchi infranti per istinto di sopravvivenza, per autoconservazione. Perché tutto era davvero insopportabile”. Il tuo protagonista, un cocainomane e narcotrafficante, decide di affidarsi a uno psicoterapeuta per scoprire la verità che si cela dietro alle sue scelte discutibili e autolesionistiche. Ciò che scoprirà spezzerebbe chiunque ma lui, in qualche modo, cerca di sopravvivere; come hai gestito la complessa caratterizzazione di questo tragico e intenso personaggio?»
Innanzitutto, invertirei il rapporto causa effetto. Il protagonista è un uomo devastato da una storia personale terrificante che lo porta verso un percorso malato e distruttivo. La droga diventa un mezzo per fuggire, per anestetizzare il dolore e la dipendenza da questa “medicina” tossica lo spinge verso il percorso criminale. Questo non giustifica le sue azioni, che restano per molto tempo deprecabili, ma è importante comprendere il motore della storia. Credo che il perché, sia sempre l'aspetto più importante da approfondire.
Per il resto, direi che non ho fatto altro che trasferire me stesso in queste pagine. Un processo che è stato naturale, terapeutico, quasi privo di sforzo, almeno per la prima stesura.
«“La memoria del corpo” è contraddistinto da una scrittura avvincente e da un'inclinazione all'introspezione, e in cui si ha un approccio drammatico ma allo stesso tempo ironico e dissacrante. Quali sono le opere e gli autori che hanno influenzato il tuo stile narrativo?»
A livello stilistico, direi James Ellroy in primo luogo. In particolare quello di “American Tabloid” e “Sei Pezzi da Mille”, che sono scritti con periodi brevi, secchi, molto ficcanti. Il modo di rivolgersi al lettore in maniera diretta, quasi a volerlo coinvolgere in una conversazione, lo ritrovo in alcuni libri di Nick Hornby, così come l'aspetto dissacrante.
L'ironia è stato un mezzo per spezzare il ritmo cupo di alcune parti del romanzo e penso che sia anche una caratteristica che mi appartiene. Anche un bellissimo romanzo di fantascienza di Richard Morgan, “Bay City”, mescola molto abilmente vicende drammatiche e sarcasmo. Infine citerei Niccolò Ammaniti, che trovo un autore eccezionale, in grado di alternare atmosfere cupe, scenari grotteschi e momenti esilaranti.
«Restando sulle tue fonti di ispirazione, riporto un'altra citazione dal tuo romanzo: “I hurt myself today. To see if I still feel. I focus on the pain. The only thing that's real. The needle tears a hole. The old familiar sting. Try to kill it all away. But I remember everything. Nessuno può descrivere il mio tormento meglio di Johnny Cash”. Nell'opera viene riservato alla musica un ruolo determinante: nel corso della storia incontriamo diverse menzioni ai testi di canzoni che riescono ad amplificare lo stato d'animo del protagonista, o a raccontare le sue angosce e le sue paure meglio di come possa fare lui. Cosa significano per te la scrittura e la musica?»
Credo che ogni forma d'arte sia un atto di libertà. Ognuno sceglie quelle che più gli appartengono. La musica e la letteratura hanno fatto parte della mia vita fin dall'infanzia, nonostante tutto. Credo che per certi aspetti siano strettamente interconnesse, poiché le parole ne rappresentano l'essenza in un caso e una parte importante nell'altro. In fondo, musicisti come Johnny Cash, possono essere definiti poeti moderni.
Purtroppo, non ho mai imparato a suonare uno strumento, ma ho sempre provato a scrivere fin dall'adolescenza. Pensieri, racconti brevi, poi più articolati. Un modo per liberare un'esigenza espressiva. Quando scrivo, ho sempre della musica che mi accompagna e le due cose spesso si fondono. La musica è per me fonte di grande ispirazione e qualcosa di irrinunciabile.
«Dopo il tuo promettente esordio letterario, cosa ci riserverà in futuro la tua vena creativa? Sei già a lavoro su un nuovo romanzo?»
In effetti, ho due progetti in mente. Uno appena abbozzato, anche se definito a livello generale, che si allontana parecchio dal primo romanzo. Credo però che mi dedicherò a sviluppare il secondo progetto, più vicino allo stile di “La Memoria del Corpo”, del quale ho scritto già qualche capitolo e che mi sta attirando sempre di più all'interno delle pagine.
Perché in alcuni momenti, è l'opera che guida l'autore e, quando questo accade, chi scrive non può opporre resistenza.
Contatti
https://www.instagram.com/tommyblanco2670/
Link di vendita online
https://www.amazon.it/Memoria-Del-Corpo-Tommy-Blanco/dp/B0F1V9TTGV/
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